mi rifiuto di

14725646_10207228264481656_1549127663648214910_n15168933_612485378938046_6791463946635221126_o“Mi rifiuto di”, è il titolo del primo libro di Sabrina Vitiello, edito da Marchese Editore,

presentato in anteprima il 15 ottobre  nell’ambito della manifestazione “Porte aperte al PLART”,

 presso la fondazione PLART in occasione della giornata del contemporaneo promossa da AMACI.

Con l’autrice hanno discusso Sergio Fedele dell’associazione “Napoli Punto e a Capo”, Marco Lombardi, giornalista de Il Messaggero, il critico d’arte Marco Petroni e Francesco Iacotucci, Presidente dell’ Asia Napoli Spa

“Mi Rifiuto di” è il primo romanzo di Sabrina Vitiello

Mi rifiuto di - Copertina di Mary Cinque

Mi rifiuto di – Copertina di Mary Cinque

L’autrice è molto legata ai valori dell’eco-sostenibilità,  e in questa sua opera decide di parlarne raccontando la vita di Francesca, un giovane ingegnere che si ritrova a Napoli, sua città natale lasciata anni prima per lavoro, per affrontare l’emergenza rifiuti.

Francesca, costantemente in bilico fra autobiografismo e fiction, è uno specchio in cui ogni cittadino può riflettersi.

L’immagine che viene restituita non è però così scontata come ci si potrebbe aspettare.

Il senso profondo del libro, la capacità di “uscire dalla pagina” per trasporsi nella vita reale è rappresentato anche attraverso Home&More,

progetto più ampio che ha come mission la sensibilizzazione al concetto di eco-sostenibilità  come stile di vita quotidiano.

14670901_1664632140516677_2756669617831692601_nDa segnalare anche la copertina dell’artista Mary Cinque.

say no to trash n.5

say no to trash n.5

5 fotografi: Alessia Della Ragione/ Francesco Nappo/ Nicolas Pascarel/

Corrado Pastore / Gigi Viglione.

Home & more fino al 29 gennaio 2017

via santa brigida 72.

(su appuntamento)

Anche il rifiuto ha il suo inconscio.

Come la fotografia che lo ritrae: lo scatto comunica, oltre l’immagine.

E l’artista si lascia usare dalla fotografia, eh sì, teoria indigesta al milieu fotografico, come

scrive Franco Vaccari nel suo saggio “ Fotografia e inconscio tecnologico”.

 

Senza lasciarsi travolgere dalle tempeste culturali degli anni 60,

o dal precedente concetto di inconscio ottico in Benjamin,

o l’object trouvè di Duchamp spesso la fotografia mette

in forma quanto il fotografo-autore non ha visto,al quale (ma senza viverla come diminutio)

si apre il concetto ampio della filosofia delle immagini.

E l’autore unisce nello scatto se stesso, la strutturazione tecnologica e culturale dell’immagine,

l’autosufficienza dell’immagine stessa: ed ecco “l’altro paesaggio”,  rappresentato dal territorio abbandonato,

dall’oggetto consumato, che è vivo e comunica con energia il suo essere protagonista.

 

Say no to trash n.5 coinvolge 5 artisti fotografi che elevano a primo attore il rifiuto,

seguito da un Imperativo: cambiare il modo di consumare e il modello di desiderio,

ovvero orientare i nostri

desideri verso ciò che cura la Terra e non verso ciò che la distrugge.

E il messaggio viene colto con chiarezza in ognuna delle fotografie della collettiva.

 

Say yes to zero waste, dunque.

 

il rischio dei posticipi ( e degli anticipi)

INDAFFARATI
Un atto di fiducia verso le nuove generazioni
Conversazione con Filippo La Porta

Primo incontro della rassegna letteraria
IL RISCHIO DEI POSTICIPI (E DEGLI ANTICIPI)
curata da Nando Vitali, Maria Rosaria Vado,
Carlo Ziviello, Davide D’Urso, Sabrina Vitiello


Parte martedì 19 aprile alle ore 17,30  il primo incontro della rassegna letteraria

IL RISCHIO DEI POSTICIPI (E DEGLI ANTICIPI)
Il critico letterario Filippo La Porta converserà con lo scrittore Nando Vitali sul tema: Gli indaffarati.

Un atto di fiducia verso le nuove generazioni.

Nella mutazione in atto non solo le nuove generazioni ma ciascuno di noi è continuamente “indaffarato”,

intento a inviare o decifrare ansiosamente un messaggio, a dialogare e informarsi, a connettersi full time,

a verificare una notizia, a cercare un riscontro, a controllare una citazione.

Da un lato rischia così di perdere la fondamentale esperienza della solitudine e dell’ozio contemplativo

(la sua stessa libertà ne viene limitata: non è più “libero” di annoiarsi o perfino di dimenticare qualcosa…),

subisce ritmi imposti dall’esterno diventando un “forzato” della comunicazione,

si disperde in un caleidoscopio di identità provvisorie, è sempre altrove.
Però dall’altro si mostra “indaffarato” anche perché impegnato nel fare concreto,

nello scambiare e nel condividere, nel collaborare e nel cooperare,

nel mettere in pratica le proprie idee, nel tradurre le parole in stili di vita.


Filippo La Porta (Roma, 1952) collabora a quotidiani e riviste,

tra cui il Domenicale del “Sole 24 Ore”, “Il Messaggero”, “Espresso”, “XL” di “La Repubblica”,

“Left”, “ACHAB scritture solide in transito”.
Ha pubblicato, tra gli altri, i volumi: La nuova narrativa italiana (Bollati Boringhieri, 1995),

Maestri irregolari (Bollati Boringhieri, 2007),

Dizionario della critica militante (firmato insieme a Giuseppe Leonelli, Bompiani, 2007),

È un problema tuo (Gaffi, 2009), Meno letteratura, per favore! (Bollati Boringhieri, 2010),

Un’idea dell’Italia. L’attualità nazionale dei libri (Aragno, 2012). Il suo ultimo libro, pubblicato per Laterza nel 2014, è Roma è una bugia.

 

say no to trash n.4

 

“Cult-” di Mary Cinque nasce dall’unione di due “racconti pittorici” affini, il racconto “dei luoghi” e quello “delle cose”.

Il titolo della mostra richiama la comune radice che i termini coltura e cultura hanno,

mettendo in evidenza il forte legame che unisce i due concetti.

Luoghi e oggetti sono rispettivamente il contenitore e il contenuto dentro e intorno a cui l’uomo vive,

con cui interagisce e su cui opera modificandoli continuamente entrambi.

Il rispetto per l’ambiente così come la sua capacità di creare cose sono entrambi espressione di civiltà,

ed alla base dell’individuazione della necessità di armonia fra i nostri bisogni e il mondo che ci circonda c’è appunto la cultura.

I lavori della serie “Oleum” si ispirano al Mediterraneo e alla capacità evocativa che la sua vegetazione,

la luce, gli odori e i suoni ha sui popoli che nascono e vivono quei luoghi.

E’ facile riconoscere sui fogli di carta forno grezza e carta riciclata di cioccolatini, tracciati con smalto nero,

l’odoroso mirto, il perseverante lentisco e le nodose radici di ulivi secolari.

 

 

 

Forme comuni a luoghi geograficamente anche molto lontani fra loro ci  ricordano che anche noi siamo,

come gli ulivi e i suoi frutti, nati dalla terra, grazie alla forza della natura.

Il messaggio è semplice e complesso allo stesso tempo: veniamo dalla terra

e per questo dobbiamo occuparcene, come fa l’arte con tutto ciò che incontra.

Dai luoghi si passa agli oggetti: dalle delicate linee degli Oleum si passa alla serie Display.

12 piccole tele ritraggono oggetti e prodotti di uso quotidiano, piccoli capolavori di design a cui le aziende produttive

dedicano, in gran parte dei casi, anche una particolare etica del ciclo produttivo.

Un omaggio all’ingegno umano, soprattutto quando è in grado di fondere bellezza

e attenzione per l’ambiente, la salute, la tradizione.

say no trash n.4, a cura di Chiara Reale

 

say no to trash n.2

say no to trash n.2 -Salvatore Falco

La moda gioca con il riciclo. Gli abiti e gli accessori firmati da Salvatore Falco

offrono una sfida sospesa tra creatività e spirito green.

Una collezione creata interamente con tessuti e materiali di riciclo: tende,

fodere di divani, vecchie tappezzerie e t-shirt ormai fuori moda.

Per sensibilizzare a diventare “proprietari” e non “consumatori” dei propri abiti

e quindi reinventarli, senza buttarli una volta dismessi, in modo da perpetuare il

rapporto con le proprie cose.

say no to trash n.3

Stefania Raimondi indaga il concetto di “recupero” in un’accezione

che supera il materiale per arrivare all’espressività artistica

che esula dal mondo delle mode e dalle tendenze e

pone l’attenzione sul reale valore del fare arte che è universale, fuori dal tempo,

lontano dal concetto di “arte usa e getta”.

Su legni e cartoni, rigorosamente riciclati, prendono forma in calce, carboncino e olio

corpi di uomini e donne che sembrano appartenere

indissolubilmente alla natura del materiale stesso,

come se fossero stati lì solo ad aspettare che l’artista li riportasse alla luce.

In linea con il progetto, say no to trashn.3 ,a cura di Chiara Reale.

say no to trash

La rassegna  “say no to trash” prende vita nello spazio Home and more (b&b, home-gallery, un luogo dove coltivare idee e passioni)  

Ne è  protagonista l’arte che ci invita al ‘no-trash’: no/rifiuto sì/recupero, che  esalta la necessità di adottare la regola delle  5 R :

riduzione/riciclo/riuso/raccolta/recupero.

L’artista sa essere il più acuto portavoce dei drammi della sua epoca, capace di rendere visibile l’invisibile.

 E’ colui che decide di nobilitare un rifiuto, che decide di conferirgli valore, di dargli nuova e rinnovata energia: è così che lo eleva dal degradato status di “superfluo”.

 

L’arte “ecologica” recupera Valore , dunque.

 

Recupera la materia, ma anche la dignità, il rapporto con gli elementi naturali, la Terra Madre.

Il concetto di rifiuto viene ribaltato, il materiale di risulta e gli scarti diventano seducenti

Waste/value! Immondizia/valore:

ovvero il rifiuto manipolato e re-interpretato per rielaborare ciò che era destinato all’abbandono.

O per insegnare a dare valore alle cose.

E rifletterci su.

 

Say no to trash n.1

L’arte “ecologica” recupera, dunque. Recupera la materia, ma anche i valori, la dignità, il rapporto con gli elementi naturali, la Terra Madre sacra e così preziosa.

Le opere in mostra di Mena Pezzullo materializzano questa riflessione, e i fili sottili e ostinati  si rincorrono, come  a tessere delicatamente un collegamento tra passato e futuro, a riflettere su cosa ne sarà di noi. Ci trascinano lungo questa parentesi tattile e concreta, per smuoverci dalle anestetiche vite di corsa. Tutti i materiali riutilizzati, già abbandonati, acquistano una nuova identità, riacquisiscono la loro dignità. Il concetto di rifiuto viene ribaltato, il materiale di risulta e gli scarti diventano…seducenti. Waste/value! Immondizia/valore: ovvero il rifiuto manipolato e re-interpretato per rielaborare ciò che era destinato all’abbandono. O per insegnare a dare valore alle cose: un riscatto estetico per raccontare che Nulla può essere definito inutile, e amare il rifiuto è amare una parte della nostra storia, per comprendere da dove proveniamo e soprattutto dove stiamo andando.

Le opere tutte si esprimono delicatamente, nessuna ha un tono provocatorio o di contestazione, come l’opera dove porta? che si apre verso la diffusione di una coscienza ecologica, ci approccia a stili di vita meno consumistici. Si spalanca verso una nuova visione della bellezza, quella che noi stessi dobbiamo decidere di salvare.

Consapevolmente e con determinazione. Zagrebelsky smonta l’uso della frase “La bellezza salverà il mondo”: «è palesemente una sentenza enigmatica, un luogo comune, invocazione banale e consolatoria».

La bellezza non può darci nessuna salvazione in automatico, assolvendoci da ogni responsabilità.

Al contrario, la bellezza non salverà nulla e nessuno, se noi non sapremo salvare la bellezza.

E il nostro pianeta.

Take a look

UNA MOSTRA DI CORRADO PASTORE

 

Architetto con la passione per i viaggi e la fotografia Pastore riesce, attraverso quest’ultima, a raccontare i luoghi e le storie che li attraversano, aiutato dall’esperienza di scenografo che definisce, plasma e arricchisce una personalità già forte, indirizzandola verso la ricerca di quella sintesi formale e cromatica raggiunta nei lavori più recenti.

Con TAKE A LOOK Corrado Pastore introduce i visitatori  in un mondo altro, offrendo loro uno strumento diverso per leggere lo spazio:  attraverso giochi di riflessi che altro non sono che proiezioni del nostro/loro sentire, Pastore sovrappone una pellicola immaginaria alla realtà creando una stratificazione di immagini, emozioni e pensieri che si fondono  tra loro, racconta un mondo in continuo movimento, uno schermo ideale dove le immagini scorrono fluide e velocissime; fa eco alla impossibilità di fermare le immagini e i luoghi una tavolozza liquida, che racconta un non tempo, un non luogo.